Il canto delle sirene o la percezione della realtà
Un anno di vita nella pandemia come una lunga navigazione nella nebbia.
Navigazione a vista senza punti di riferimento, viaggio in una grande Arca dove il ramoscello di ulivo sono i vaccini, oggetto di ansie e turbamenti, o traversata dell’oceano con qualcuno che sull’albero ogni tanto crede di avere avvistato la terraferma.
Andrà tutto bene, ci dicevamo un anno fa, stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel, ogni tanto qualche sapiente lo ripete, torneremo alla normalità (ma quale?).
Rileggendo ciò che avevamo scritto in un articolo a metà dell’estate scorsa, credevamo che fosse giunto il momento, nel contesto storico in cui tutto stava cambiando spinto dal vento tempestoso della pandemia COVID-19, di fermarsi a riflettere. Molti pensavano alle vacanze, altri pensavano al dopo, chiedendosi se sarebbe stato un ritorno alla normalità oppure un salto nel buio, o meglio ancora un’occasione di cambiare, come nuovo momento di aggregazione e di prospettive.
Che cosa sarà della nostra sanità? Saremo capaci di cambiare ? Potenzieremo la sanità nei territori, gli ospedali non avranno più muri, la tecnologia e la digitalizzazione ci faranno vivere più sani, arriveranno tanti soldi per essere curati tutti meglio. E nasceranno tante nuove opportunità di lavoro. Le nostre città saranno tutte trasformate in meglio, con nuove strade, ponti, ferrovie…
Forse oggi il canto delle sirene non illude più nessuno. Tanti soloni ritengono di garantire che il 25 di aprile, no – il 24 maggio, no – a fine giugno, avremo riaperto i ristoranti e gli stadi, e poi…
Torniamo alla realtà: se non sconfiggiamo la pandemia non ci potrà essere una ripresa di una qualche nuova normalità. Assisteremo a effimere riaperture di attività che non miglioreranno la nostra vita sociale o la nostra economia. Non fugheremo i disagi e le angosce delle persone. I diritti dei più deboli non potranno essere garantiti, e vedremo sempre più nuovi poveri e nuovi schiavi.
Torniamo almeno a cercare una maggiore razionalità.
Razionalità nell’affrontare le cose, cercando di riacquisire fiducia nelle istituzioni. Queste dovranno dimostrare di meritarsi questa fiducia, senza false promesse, migliorando la comunicazione. Comunicazione questa sconosciuta: piena di difetti, quella degli altri. Gli altri – dicono tutti – sbagliano a comunicare. Assumiamoci ognuno le nostre responsabilità: responsabilità collettive e individuali, quelle della politica, della pubblica amministrazione, della medicina e della scienza, della stampa e dei media, delle associazioni, dei privati cittadini. Cittadini privati della capacità di partecipare.
La partecipazione questa sconosciuta, viene fatto di pensare, nonostante la parola sia sulla bocca di tutti, nei testi di leggi e normative di tutte le amministrazioni pubbliche, nei manuali delle buone pratiche, in tutti i settori del vivere civile, dal mondo delle istituzioni a quello dell’associazionismo, dall’urbanistica alla sanità, dalla scuola all’imprenditoria. Un banale esempio è quello descritto nella recente lettera di una cittadina, che lamenta le scelte di una nuova modalità di raccolta differenziata dei rifiuti, in totale assenza di buon senso e di capacità di capire le problematiche quotidiane di quei cittadini che da utenti rischiavano di divenire ‘cavie’: nessuno contesta l’oggetto della questione, solo le modalità di attuazione in un contesto ambientale.
E così si potrebbe parlare di tante altre cose, grandi o piccole, che se fossero affrontate con maggiore spirito di riflessione e cercando di ascoltare i bisogni di persone sempre più indifese e sempre meno tutelate, potrebbero almeno restituire un po’ di fiducia a quelle persone.
Non trascuriamo i nostri anziani, non trascuriamo i bambini e il mondo della scuola. Non trascuriamo i giovani che non trovano e neppure più cercano lavoro. Non dimentichiamoci che questo mondo è ogni giorno più disuguale, e che le nuove povertà saranno comunque una povertà di tutti noi, economica, sociale e spirituale. Non continuiamo a depredare il nostro ambiente e le nostre risorse naturali.
Facciamo tesoro delle esperienze che abbiamo attraversato. Ognuno deve dare una mano, in uno sforzo sinergico ed empatico, una reale partecipazione che tenga conto della complessità del mondo fragile in cui viviamo, in cui niente del nostro futuro può essere dato per scontato .