Arriva in Italia il dibattito pubblico?
Sta per entrare nell’ordinamento italiano il «dibattito pubblico», che, in attuazione del codice appalti, rivoluziona il ruolo di cittadini e territori nelle procedure di «informazione, partecipazione e confronto pubblico sull’opportunità, le finalità e le soluzioni progettuali di opere, progetti o interventi pubblici». Novità assoluta per l’Italia, mutuata dal francese «débat public» e destinata a imprimere una democratizzazione (e si spera stabilizzazione delle decisioni assunte) nei procedimenti di approvazione delle infrastrutture, come riportato in un articolo del Sole 24 Ore .
Il prossimo decreto sul dibattito pubblico servirà a dare il senso di una forte accelerazione del ridisegno dei piani infrastrutturali italiani. Questo riguarderà un piano relativo alla rete ferroviaria.
Ciò che riteniamo di grande interesse è che si preveda un dibattito pubblico tra proponente dell’opera e un comitato di monitoraggio formato dagli enti locali su cui insiste l’opera stessa.
Il dibattito sarà obbligatorio solo sulle opere sopra i 200 o 500 milioni a seconda delle tipologie. Sarà però obbligatorio anche quando richiesto dal governo, dagli enti locali o dai cittadini (50mila firme). Il soggetto proponente dell’opera, entro tre mesi dalla fine del dibattito, presenta un dossier conclusivo che dovrà evidenziare la volontà o meno di realizzare l’intervento, le eventuali modifiche apportate al progetto e le ragioni che hanno condotto a non accogliere eventuali proposte.
Una perplessità nasce dal fatto che il dibattito non coinvolga direttamente i cittadini, bensì enti o rappresentanze di istituzioni, lasciando sostanzialmente sulla carta il concetto di partecipazione.